Il tempo si ferma: Megalopolis di Francis Ford Coppola è il film più votato dal centinaio circa di critici e filmmaker che hanno partecipato al Sondaggio 1×2024 di Duels. Il gioco è magnifico e crudele: alla fine (dell’anno) se ne salva uno solo… Scelta difficile (qualcuno ha barato, citando, sdoppiando: gli amori non si trattengono…), ma utile a far emergere un florilegio di film che riflettono le personalità di chi si esprime e soprattutto l’identità di un Cinema che non cessa mai di essere.
Coppola è il più votato, seguito da Clint Eastwood, Jonathan Glazer e Miguel Gomes. Non stiamo a dare i numeri, se proprio volete potete usare il pallottoliere voi, così non perdete l’occasione di scorrere l’intera lista e scoprire la varietà a volte sorprendente di titoli e autori che i nostri amici hanno segnalato. Che sia Coppola a dominare l’annata non è solo un dato d’omaggio alla magnificenza orgogliosa di un Grande Maestro che ancora una volta ha osato tutto e sprigionato energia filmica e cine(ma)tica abnorme. Forse è anche l’effetto rebound dell’orrore (“l’orrore”…) che sta nel nostro tempo presente. Perché la cronologia di un anno (due.zero.due.quattro) di magnifico cinema… non poteva che sospendersi sul “Now Time Stop” coppoliano, sulla vitalità filmica di un maestro intento a creare il suo mondo mentre il mondo gioca a distruggersi, ebbro di potere e ignaro del Tempo, ovvero della Storia. (m.c.)
Giacomo Abbruzzese
La zona d’interesse di Jonathan Glazer
Per il coraggio e la lucidità di realizzare il film sull’Olocausto che non era mai stato fatto, forse il più importante. Un film che non esteriorizza l’orrore, ma lo interroga. Il nazismo come terribile normalità, non come eccezione. È successo a noi umani, non ad altri. E continua a succedere, in altre forme, con la stessa banalità di allora. Basta un muro per non sentire le urla, ma soltanto il suono delle gocce che cadono nel lavandino.
Luigi Abiusi
La rude poesia di Schrader fa a pezzi il mascolino, tra narcisismi e fragilità.
Un film spietato e doloroso.
Pedro Armocida
Racconto di due stagioni di Nuri Bilge Ceylan
Perché il cinema, per tempi e per luoghi, può essere ancora un’esperienza.
Enrico Azzano
Cinema dalla dimensione smisurata, intriso di ambizione in ogni singolo fotogramma, folle nelle più che traballanti prospettive commerciali. Un viaggio attraverso il Secolo breve, tra arte, capitalismo e l’orrore incancellabile del Novecento.
Marco Bacci
Parthenope di Paolo Sorrentino
Forse era lei la ragazza sotto il faro, la Grande Bellezza di Jep Gambardella.
Alberto Barbera
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Un capolavoro imperfetto, il film esteticamente più generoso e audace dell’anno insieme a Jocker: Folie à Deux, non a caso entrambi snobbati dalla maggioranza di pubblico e critica. Ma entrambi sono la prova che al cinema esistono ancora autori capaci di osare l’inosabile.
Luca Barnabé
Giurato Numero 2 di Clint Eastwood
Nella forma del thriller processuale Clint Eastwood realizza uno dei più potenti atti d’accusa sulle storture del sistema giudiziario USA e, per estensione, dell’America stessa. Dov’è finita la Verità?
Luciano Barisone
The Flats di Alessandra Celesia
Franco Bassini
La storia di Souleymane di Boris Lojkine
Luca Bellino
Matteo Berardini
Affinità elettive tra glitch e fantasmi, il destino e l’eterno ritorno del sentimento come campo di battaglia tra umano e artificiale. Tornare a sentire come antidoto nella giungla dell’esser vivi.
Erminio Bissolotti
Matteo Bittanti
Pier Maria Bocchi
The Substance di Coralie Fargeat
Fausto Bona
Le occasioni dell’amore di Stéphane Brizé
Luisa Bonalumi
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Chiara Borroni
La stanza accanto di Pedro Almodóvar
Giacomo Calzoni
La zona d’interesse di Jonathan Glazer
Gianni Canova
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Giulio Casadei
The Shrouds di David Cronenberg
La morte nell’era digitale: l’impossibile elaborazione del lutto, il doppio, la nostalgia della carne, e le teorie del complotto come strumento di sopravvivenza in un mondo senza fuori campo. Il melodramma più doloroso ed erotico dell’anno.
Paola Casella
Geniale adattamento del romanzo premio Pulitzer “I ragazzi della Nickel”, che sembrava impossibile adattare per il grande schermo
Antonella Catena
Io sono ancora qui di Walter Salles
Massimo Causo
Megalopolis di Francis Ford Coppola
con No other Land di Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor : “Now Time Stop”…
Carlo Chatrian
Federico Chiacchiari
Mariuccia Ciotta
Giurato Numero 2 di Clint Eastwood
Matteo Columbo
Anora di Sean Baker
Enrico Danesi
Povere creature! di Yorgos Lanthimos
Massimo D’Anolfi
Visto al padiglione Egitto della Biennale Arte di Venezia 2024
Adriano De Grandis
Tonino De Pace
Steve Della Casa
Giurato Numero 2 di Clint Eastwood
Davide Di Giorgio
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Il film dell’anno non poteva che essere sul tempo, che lo ferma, lo manipola e viene da lontano, dalle prime notizie sparse qua e là che lo annunciavano come opera impossibile, irrealizzabile, fuori dal tempo… per poi diventare realtà presente. Una visione che è dunque un viaggio lungo più linee temporali (l’antica Roma, gli anni ’30, l’attualità, il futuro…), testimonianza di un talento creativo che sfugge alle età. Idealmente da collocare con il secondo film al mio personale ballottaggio, The Substance di Coralie Fargeat, altra storia di come sfuggire al tempo in un genere, l’horror, che esiste da sempre e persiste all’invecchiare delle epoche.
Andreina Di Sanzo
Graziella Donati
La stanza accanto di Pedro Almodóvar
Simone Emiliani
Joker: folie a deux di Todd Phillips
Anthony Ettorre
Terrifier 3 di Damien Leone.
Pop Art The Clown!
Nicola Falcinella
Horizon – An American Saga di Kevin Costner
Una scommessa nata persa, eppure vinta. Un western classicissimo dove spira il vento dei nostri tempi, profondamente anti-trumpiano, che ci ricorda come il genere americano per eccellenza sia sempre attuale per interpretare gli Usa. Con la speranza che Costner riesca a completare la saga.
Beatrice Fiorentino
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Manuela Florio
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Paolo Fossati
The Holdovers – Lezioni di vita di Alexander Payne
Federico Francioni
Marzia Gandolfi
Miséricoorde (L’uomo nel bosco) di Alain Guiraudie
Diario di un curato di campagna beatamente amorale
Giuseppe Gariazzo
Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini
Un gesto d’amore alla vita e al cinema, sussurrato anche là dove si urla. Di tenerezza infinita. Commovente, doloroso, umano. Un viaggio nella storia del cinema che non fu ma è. Un film d’invenzioni senza tempo. Stridori bellocchiani. Uno sguardo vibrante e dolcissimo per un ‘passo a due’ tra due persone/personaggi che non hanno bisogno di chiamarsi per nome.
Mauro Gervasini
Dal yakuza movie al noir, dallo parodia allo slapstick. E ritorno. 62 minuti di perfezione pura e cristallina. What else?
Raffaella Giancristofaro
La zona d’interesse di Jonathan Glazer
Silvio Grasselli
Leonardo Gregorio
La zona d’interesse di Jonathan Glazer
Silvia Luzi
Luca Malavasi
The Substance di Coralie Fargeat
Roberto Manassero
Hors du temps di Olivier Assayas
Anton Giulio Mancino
Emanuela Martini
Hit Man di Richard Linklater e Emilia Pérez di Jacques Audiard
Scusate, ma io ho un ex aequo…
Massimiliano Martiradonna (Dikotomiko Cineblog)
Furiosa – A Mad Max Saga di George Miller
George Miller va per la sua strada, anzi, per le sue strade di polvere e sabbia e distopia e western, ad una velocità magistrale.
Pietro Masciullo
Matteo Mazza
L’innocenza di Hirokazu Kore’eda
Cinema in cerca di salvezza, fatto di transizioni ottiche, cucito sulla distanza che separa gli sguardi, dove la verità è un incendio che brucia dentro.
Raffaele Meale
Do Not Expect Too Much from the End of the World di Radu Jude
Radu Jude tocca i vertici della sua già folgorante carriera con un’opera inclassificabile, che mescola la riflessione teorica alla commedia grottesca, il gesto rivoluzionario alla sfida allo spettatore. Un film d’autore che rifugge la facile copertina dell’arthouse per ricordare la potenza dell’immagine, e la sua “pericolosità eversiva”. Già amato a Locarno 2024, un plauso a Cat People che l’ha portato in sala. Ilinca Manolache e il suo Bobiţă attrice e personaggio dell’anno.
Michele Menditto
Emiliano Morreale
Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki.
Luca Mosso
Giona A. Nazzaro
Piero Negri
Davide Oberto
No Other Land di Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor
A pari merito con Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof.
Grazia Paganelli
Spectateurs!di Arnaud Desplechin
Martina Parenti
L’innocenzadi Hirokazu Kore’eda
Andrea Pastor
Joker: Folie à Deux di Todd Phillips
Quando la malattia mentale, incarnandosi in un soggetto, in uno sguardo, in un corpo, si fa punto di vista, facendo collassare i generi, la narrazione e la sintassi del film, non può che esserci amour fou, e un’infinita commozione.
Cristiana Paternò
Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini
Un corpo a corpo tra padre e figlia, sincero, spudorato ma anche carico di amore autentico per il cinema raccontato e sognato dal suo interno, dal ventre della balena.
Federico Pedroni
Le occasioni dell’amore di Stéphane Brizé
Alberto Pezzotta
Dostoevskij di Damiano e Fabio D’Innocenzo
Paola Piacenza
All We Imagine as Light di Payal Kapadia
Un incredibile passaggio dal documentario alla finzione.
Angelo Ponta
Daaaaaali! di Quentin Dupieux
Parthenope di Paolo Sorrentino
Bruno Roberti
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Perché il cinema è fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.
Nicoletta Romeo
Una nobildonna insegue per tutta l’Asia un fidanzato in fuga: una finzione che lascia gli orizzonti aperti verso il documentario, la verità delle tante lingue e delle città orientali, ammaliandoci e spaesandoci. Un oggetto cinematografico splendido, apolide, straniante, con asincronicità volute, dove il “grand tour” è sia interiore che esteriore, e dove in fin dei conti passato e presente non sono poi così diversi.
Massimo Rota
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Giulio Sangiorgio
Hundreds of Beavers di Mike Cheslik
Un film del 2022, uscito negli States on demand nel 2024. Un videogame che incontra una comica del muto, un Looney Tunes in live action, uno spoof movie al tempo dell’estetica post-internet. Puro artigianato inventivo, tra costumi alla Teletubbies e computer graphic da stanzino dei nerd. Un miracolo del low budget. Perché non a tutti l’AI può rubare il lavoro.
Mauro Santini
Filmstunde_23 di Edgar Reitz, Jörg Adolph
Carlo Michele Schirinzi
La zona d’interesse di Jonathan Glazer
L’immagine vietata all’intimità dirimpettaia, lacera divenendo immagine udibile (unica possibilità di sensazione su Auschwitz): se l’immagine è unica verità, nulla deve esser più visto (e raccontato) ma solo ascoltato – in quest’ennesima epurazione delle polveri, rimozione dei corpi.
“Caro, chi era presente alla festa?”
“Cara, non so, ero intento a capire come poter gasare tutti quei corpi in quello spazio”
Samuele Sestieri
perché ogni immagine è un ponte teso tra più mondi, figli di un’unica grande storia d’amore. Il grido di Léa Seydoux si propaga in un tempo fuori dal tempo fino a incontrare quello di Laura Palmer. Film abissale.
Roberto Silvestri
Silvana Silvestri
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Simone Soranna
Bestiari, erbari, lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti
Animare il Creato è materia divina, ma anche cinematografica.
Sergio Sozzo
Il gladiatore II di Ridley Scott
Aldo Spiniello
Spectateurs! di Arnaud Desplechin
per il trasporto, la commozione, lo stato emotivo in cui mi ha lasciato. In particolare per il finale con Ruby’s Arms di Tom Waits, un omaggio a Godard certo, ma soprattutto una canzone di addio. Come a dire che si è sempre costretti a uscire dal cinema, allontanarsi, prima o poi. Bisogna dire “addio” per sentire tutto l’amore…
Simone Starace
Astrid’s Saints di Mariano Baino
Fabrizio Tassi
Invelle di Simone Massi
Stefano Tevini
Daniela Turco
Giurato numero 2 di Clint Eastwood
per la classicità del gesto di un cineasta che sceglie di far incontrare la tragedia con il quotidiano, attraverso un puro gioco del caso, che come è noto per J.L. Borges non esiste, perché “ciò che chiamiamo caso è la nostra ignoranza della complessa meccanica della causalità”.
Carlo Valeri
Do Not Expect Too Much From the End of the World di Radu Jude
Non resta più niente da “vedere” o scrivere
Fabio Vittorini
Parthenope di Paolo Sorrentino
Per l’incanto e allo stesso tempo la ferocia dello sguardo su Napoli vista come il precipitato del meglio e del peggio dell’antropologia italica.