Oppenheimer e gli altri: cronaca di un Oscar in equilibrio

Non se la sono passata bene gli Oscar negli ultimi anni: fra crisi delle sale dovuta al Covid e ascolti in picchiata, la Notte delle Stelle si è barcamenata come ha potuto, tagliando categorie, stringendo i tempi, sacrificando lo spettacolo (sempre più serioso e ingessato) mentre teneva dritta la barra di una volontà ferrea: non essere (più?) soltanto il momento in cui l’industria holywoodiana si celebra, ma anche la cartina di tornasole di un cinema che si pensa su scala globale. Se questo ha avuto alcuni effetti decisamente positivi e sorprendenti (pensiamo al trionfo di Parasite nel 2020), le scelte finali sono state sempre foriere di qualche polemica di troppo, fra premi apparsi un po’ elitari (cosa è rimasto di Coda, miglior film 2022?) e qualche autore incoronato maestro con eccessiva fretta (davvero i Daniel di Everything Everywhere All at Once nel 2023 erano superiori a Steven Spielberg, Todd Field, Martin McDonagh e Ruben Östlund?). L’annata 2024 si distingue in questo senso per una sorta di razionalizzazione generale: lo spettacolo resta stringato, ma si permette qualche gag finalmente riuscita, fra l’Oscar per i costumi presentato da un John Cena adamitico, al finto litigio fra Emily Blunt e Ryan Gosling per il “caso” Barbenheimer, fino alla reunion dei “gemelli” Arnold Schwarzenegger e Danny De Vito che si trasforma in uno spassoso attacco a Michael Keaton-Batman presente in platea (i due sono stati celebri antagonisti dell’Uomo Pipistrello sul grande schermo), con l’interessato che – serissimo – risponde con gesti di sfida!

 

Emma Stone

 
Questa rilassatezza generale si riflette anche sulla distribuzione generale del premi. Al di là del numero spicciolo di statuette assegnate a questo o quel film, vedere affiancati sul palco Oppenheimer, Povere creature, La zona di interesse, Anatomia di una caduta, Il ragazzo e l’airone e Godzilla Minus One, ci fa capire non solo che il raccolto dell’annata è stato molto buono, ma anche che forse si è riusciti a trovare un buon equilibrio fra il gradimento del pubblico, la qualità generale e quella portata globale citata in apertura. Scendendo nello specifico, si disegna un quadro che tenta di saldare l’idea del cinema come grande creazione autoriale, al “prodotto” di massa che conquista il pubblico e da questo punto di vista, sia Oppenheimer che Povere creature erano i film perfetti per l’allungo finale – a scapito pure di Killers of the Flower Moon del Maestro Scorsese, splendido ma sfortunato al botteghino e evidentemente troppo “classico” per le nuove esigenze dell’Academy. Se la sproporzione fra i titoli può far discutere, di certo pochi registi come Christopher Nolan sono riusciti negli ultimi anni a mantenere sempre una forte riconoscibilità, sia che trattassero progetti personali che gestendo la saga di Batman (sempre lui!). Se quindi non eccepiamo sulla statuetta per la Migliore Regia, siamo decisamente più lieti che il suo tour de force tecnico sul padre della bomba atomica sia diventato anche il veicolo per i premi a due grandi attori come Robert Downey Jr. e Cillian Murphy, che finora – al netto dei successi commerciali rastrellati dal primo con le saghe Marvel – erano stati sempre abbastanza sottovalutati sul versante artistico.

 

 
Lo stesso, fortunatamente, non vale per Emma Stone, che già aveva calcato quel palco, ma che con Bella Baxter ha regalato la sua performance-carriera, meritando l’ambito premio, che pure vedeva favorita Lily Gladstone. Qualcuno dallo studio Rai commenta trionfale su una Hollywood che non ha ceduto al politicamente corretto, dimostrando così scarsa visione su una performance, quella della Gladstone, davvero capace di fare la differenza nel film di Scorsese: semplicemente è la dura legge della competizione che spinge a dover scegliere tra due prove entrambe di eccellente livello – dinamica che per fortuna non ha invece intralciato Da’Vine Joy Randolph, altro bel premio per la sua prova in The Holdovers. In questo quadro generale, l’Oscar a Il ragazzo e l’airone è forse l’unico davvero in controtendenza, in quanto opera di un grande autore ormai “classico” come Hayao Miyazaki, che batte l’innovazione di Spider-Man: Across the Spider-Verse (ma già il precedente Un nuovo universo aveva raccolto bene). L’opera di Miyazaki resta in ogni caso trasversale a ogni barriera (commerciale, linguistica, culturale) confermandosi un grande patrimonio dell’umanità, oltre che uno sguardo lucido sulle tematiche della perdita che affligge i nostri tempi di guerra. Tema quest’ultimo, evocato con parsimonia ma sempre presente, perché evidente sia nel destino di Oppenheimer, che nella doppietta del capolavoro La zona d’interesse.

 

 
Se appariva scontata la statuetta per il film internazionale (con buona pace del nostro Io capitano), è invece sacrosanta quella per il sonoro che fornisce un nuovo esempio a quel cinema fortemente autoriale ma anche tecnicamente ineccepibile che sembra aver guidato le scelte di quest’anno – e da Jonathan Glazer arriva anche un bell’appello alla pace nella striscia di Gaza che riconcilia con la parte più “impegnata” dello spettacolo. Infine Godzilla Minus One che fa la storia, non solo perché consegna alla saga pluridecennale la sua prima statuetta mandando in visibilio fan e siti specializzati, ma anche perché segna il ribaltamento di prospettiva rispetto a un fantasy giapponese da sempre considerato “inferiore” proprio sul versante tecnico rispetto alla controparte americana – e la gioia manifestata dal team, con tanto di action figure del sauro atomico sul palco è trascinante e commovente. Il fatto che sia Godzilla a segnare questo scarto dice una volta di più della sua capacità di rimanere rilevante e attuale nel tempo, oltre a chiudere idealmente un altro cerchio: quello che, fra il serio e il faceto, ha immaginato sui social il film di Takashi Yamazaki come ideale sequel di Oppenheimer. Non potrebbe esserci conclusione migliore.
 

 
Tutti i premi:

MIGLIOR FILM – Oppenheimer (Emma Thomas, Charles Roven e Christopher Nolan, produttori)

ATTORE PROTAGONISTA – Cilliam Murphy per Oppenheimer

ATTORE NON PROTAGONISTA – Robert Downey Jr. per Oppenheimer

ATTRICE PROTAGONISTA – Emma Stone per Povere creature

ATTRICE NON PROTAGONISTA – Da’Vine Joy Randolph per The Holdovers

FILM D’ANIMAZIONE – Il ragazzo e l’airone (Hayao Miyazaki e Toshio Suzuki)

FOTOGRAFIA – Hoyte van Hoytema per Oppenheimer

COSTUMI – Holly Waddington per Povere creature

REGIA – Christopher Nolan per Oppenheimer

LUNGOMETRAGGIO DOCUMENTARIO – 20 Days in Mariupol (Mstyslav Chernov, Michelle Mizner e Raney Aronson-Rath)

CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO – The Last Repair Shop (Ben Proudfoot e Kris Bowers)

MONTAGGIO – Jennifer Lame per Oppenheimer

FILM INTERNAZIONALE – La zona d’interesse (UK)

TRUCCO E PARRUCCO – Nadia Stacey, Mark Coulier e Josh Weston per Povere creature

COLONNA SONORA ORIGINALE – Ludwig Göransson per Oppenheimer

CANZONE – What Was I Made For? da Barbie (Billie Eilish e Finneas O’Connell)

SCENOGRAFIA – James Price e Shona Heath, Zsuzsa Mihalek per Povere creature

CORTOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE – War is over! Inspired by the Music of John & Yoko (Dave Mullins e Brad Booker)

CORTOMETRAGGIO LIVE ACTION – The Wonderful Story of Henry Sugar (Wes Anderson e Steven Rales)

SUONO – Tarn Willers and Johnnie Burn per La zona d’interesse

EFFETTI VISIVI – Takashi Yamazaki, Kiyoko Shibuya, Masaki Takahashi e Tatsuji Nojima per Godzilla Minus One

SCENEGGIATURA NON ORIGINALE – Cord Jefferson per American Fiction

SCENEGGIATURA ORIGINALE – Justine Triet e Arthur Harari per Anatomia di una caduta